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PADOVA VINTAGE FESTIVAL 2012: IL PASSATO NEGLI OCCHI DEL FUTURO
Fashion Interviste BY
Gioia Corazza
Appassionate di vintage? Allora non potete perdere il Padova Vintage Festival dal 14 al 16 settembre presso il Centro Culturale San Gaetano, in via Atlante 71.

Il termine vintage, ormai, ricorre spesso nella nostra quotidianità: dalle riviste di moda, alle definizioni di oggetti, nei fatti e anche negli stili di vita. Nel 2011 è stata la sesta parola di cui più si è cercato il significato su Google, e cosa s’intenda per “vintage” ve lo sarete chiesti di certo anche voi. Le sue origini etimologiche sono da ricercare nel dizionario francese e la sua derivazione nell’enologia. Infatti, il termine, in principio, indicava il vino d’annata reso pregiato dall’invecchiamento, ma, nell’accezione moderna, è utilizzato, perlopiù, con riferimento ad oggetti di culto, fuori produzione. Gli elementi che però questo termine contiene in sé oggi, sono molteplici: parlare di vintage vuol dire attraversare epoche e trarne insegnamenti per la contemporaneità.

A raccontare quest’affascinante interscambio generazionale, è proprio il Padova Vintage Festival. Melting pot d’informazione e cultura, con un approccio trasversale tra spettacolo, moda, design e musica; è l’unico festival in Italia dedicato al vintage. Un’attenta selezione dei migliori collezionisti ed espositori vintage del panorama italiano, accompagnerà mostre d’arte e di design allestite nella suggestiva location dell’agorà, mentre gli scavi romani dell’auditorium saranno cornice di incontri culturali e workshop. Numerosi gli ospiti prestigiosi che daranno il loro contributo nei workshop: Elio Fiorucci, Diego Della Palma, Saturnino, Pif, Andrea Pezzi, Kris&Kris, Kledi, Carlo Pastore e Gianluca Quagliano tra i molti della nuova edizione del Festival. Lo sfondo storico che si presterà all’animo glamour dell’evento è il Caffè Pedrocchi, dove si svolgeranno gli appuntamenti serali con sfilate e live internazionali.

Non poteva poi mancare l’expò-mercato, dove sarà possibile acquistare pezzi unici tra capi, accessori e oggettistica dagli anni 20 agli anni 80, nell’attrezzata area situata nell’agorà centrale. E ancora: alla domanda “Cos’è per te il vintage?” risponde il concorso “Look of Berlin”, mettendo in palio un weekend a Berlino per il miglior look vintage indossato durante il festival, e Instagram Challenge dedicato agli scatti con il tag #padovavintage grazie alla community di @igerspadova.

Tra i cultori del vintage, al festival ci sarà anche Elisa Motterle con il suo cospicuo background nell’editoria: giornalista di moda presso Condé Nast, contributor per l’aggiornamento del Dizionario della Moda di Vergani edito da Baldini e Castoldi, vintage buyer per yoox.com e web editor di Giorgio Armani. Il suo workshop intitolato “ La pelle che abito” si terrà sabato 15 Settembre e, incuriosita dalla sua passione viscerale per il vintage, sono andata a farle un po’ di domande.

Il futuro e il passato come possono essere conciliati nel vintage?
La conciliazione si vive già nel presente. Viviamo un mondo tecnologicamente avanzato, in cui siamo sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma a un certo punto, ci siamo inevitabilmente fermati a guardare indietro. Il vintage è iniziato come fenomeno limitato alla moda e nel corso dell’ultimo decennio, si è evoluto in qualcosa di molto più complesso: dalla pratica dell’acquisto di abiti d’epoca, possibilmente di sartoria, è passato a essere anche fonte d’ispirazione. E ad attingere agli anni passati, oggi, non è solo il fashion ma anche e soprattutto il settore del design. Ci sono ad esempio molti elettrodomestici che si rifanno alle estetiche retrò; ma penso anche al cinema, a “The Artist” il film muto che lo scorso anno vinse diversi premi. E poi anche il web, con instagram, che dà quella patina retrò a scatti fatti in digitale con gli smartphone. La ricerca del flair d’annata, è un fenomeno che ha coinvolto trasversalmente tutto uno stile di vita.

Il concetto di moda d’epoca ha una definizione precisa?
Quando si parla di vintage nella moda, ci sono delle demarcazioni piuttosto precise: nel periodo della prima guerra mondiale, per convenzione, si parla di antiquariato tessile perché conservato nei musei o dai collezionisti a causa della fragilità degli abiti; dagli anni 20 ai 90, si parla di vintage e, personalmente, credo che la definizione più corretta, sia quella di un abito che riflette a pieno gli standard stilistici in voga all’epoca della sua creazione. C’è poi tutta un’altra famiglia di capi e accessori che, invece, non rispecchia i canoni stilistici di un’epoca ma sono destinati a mantenere il loro valore in quanto tali. Faccio degli esempi banali: la giacca in tweed di Chanel e le scarpe di Jimmy Choo, sono dei classici talmente classici che nel tempo mantengono il loro valore. Tutto quello che non rientra in queste categorie, quindi che non sono antiquariato tessile non sono pre owned, non sono i beni di lusso destinati a mantenere il valore da dei connotati stilistici o abiti propriamente vintage; tutto il resto è semplicemente second hand, ovvero, riciclare l’abbigliamento: la giacca del papà che poi si tagliava per far diventare il giaccone per il figlio e poi diventava lo straccio per il pavimento.

La crisi finanziaria ha cambiato le dinamiche dei beni di lusso: da una parte la richiesta si concentra sulla ricerca di prodotti di qualità manifatturiera e tessile, dall’altra sulla moda low cost, il cosiddetto fast fashion. Tu credi sia possibile conciliare il low cost con la qualità nel vintage?
Uno dei motivi principali del successo del vintage nell’ultima decade, è stato proprio questo. Il vintage ha sempre un ottimo rapporto qualità/prezzo e lo dico per due motivi: il primo, è quello per il quale ha fatto molta presa sulle fashion victim, e cioè che permette di avvicinarti a dei marchi storici, come ad esempio Chanel ed Hermès, a una frazione del prezzo delle collezioni correnti; il secondo, è che si tratta di capi che venivano realizzati con una perizia che oggi ci siamo dimenticati, abiti che erano fatti per durare, cosa che non accade per il fast fashion. Per confezionare questi capi, si sceglievano materiali pregiati, questo perché fino agli anni 70 le fibre sintetiche non avevano conosciuto ancora l’apice del successo nel tessile. Oggi il prezzo di un cappotto di cashmere, nel vintage, lo trovi, non dico nel fast fashion, ma sicuramente nella fascia media di prezzo.

Il tuo speech, al Padova Vintage Festival, s’intitola “la pelle che abito”: un excursus tra gli abiti iconici e il linguaggio della moda. Non credi che, oggi, ci sia un po’ di confusione nel concepire il vintage? L’usato quanto ha a che fare col vintage?
Devo dire che sono abbastanza indulgente: non amo mettere etichette e quando mi dicono di aver comprato un pezzo vintage, che poi in realtà è solo un pezzo usato, sorrido. È poi naturale che, se io compro un pezzo usato, che però non ha testimonianza di un’epoca, ma mi piace e ha anche un prezzo piuttosto economico, non dico no. Ogni epoca crea un suo modello estetico che poi si riflette negli abiti, e al mio speech, durante il Padova Vintage Festival, vedremo proprio come oggi questi modelli vengano rievocati per riportare in vita lo spirito che ha animato la recente storia. Oggi il vintage si suddivide: nel mercato del prew owned, dove si trovano cose vecchie o meno, ad esempio la Kelly di Hermès acquistata cinque anni fa che oggi rivendo; il vintage nella sua definizione e poi il filone del retrò, con abiti creati oggi ma con forte richiamo a forme e fantasie degli anni 50, piuttosto che degli anni 60 etc. Penso a Prada oggi, a Gucci la scorsa estate, con una collezione molto anni 20. Il retrò è visivamente molto simile al vintage ma non lo è.

Dulcis in fundo. Perché dovremmo scegliere un pezzo vintage?
Non bisogna scegliere un pezzo qualunque. Quando si fruga nel vintage, è facile innamorarsi di più capi, ma c’è un momento in cui vedi il pezzo adatto a te, ed io, in quei casi, dico sempre che è l’occasione giusta per comprare perché si tratta di unicità, di pezzi limited, e poi ovviamente comprare qualcosa che rispecchi la nostra personalità. Personalmente, sono abbastanza a favore anche a qualche pezzo vintage piuttosto eccentrico, mescolato con un look più basico che lo rende subito indimenticabile. Inoltre, il vintage stimola molto la creatività: sfogliando le foto d’antan, si posso scoprire anche molti dettagli di styling che oggi abbiamo dimenticato e che possiamo adattare alla nostra personalità.

fonte: http://www.grazia.it/moda/tendenze-moda/padova-vintage-festival-elisa-motterle-intervista